Omelia dell’arcivescovo Lauro Tisi

Riportiamo il testo dell’Omelia della seconda domenica di Quaresima

 (Messa celebrata a porte chiuse e trasmessa in streaming)

Cattedrale, 8 marzo 2020

 

Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse in disparte.

Oggi, a portarci in disparte e tenerci fisicamente lontani è l’emergenza sanitaria.

Care sorelle e fratelli della nostra comunità diocesana, stiamo vivendo un’ora difficilissima, il rischio è di rimanere travolti dalla paura.

Come ho scritto nel messaggio alla comunità, in questo momento ci accomuna la paura. Lo vogliamo o no ammettere, un po’ tutti, preti compresi, stiamo facendo i conti con uno stato di ansia e apprensione.

C’è il rischio concreto di lasciare all’emotività, alla precipitazione il compito scegliere e decidere per noi. Inoltre, la paura, non raramente, origina diffidenza, tensione, conflittualità, disgregazione, come pure soffoca le domande sul senso del vivere, generate dagli eventi di questi giorni.

Coraggio, non siamo soli.

L’Eucarestia che sto celebrando senza la vostra presenza fisica avviene nella Comunione dei Santi che accomuna tutti coloro che in terra e in cielo confessano il nome di Gesù. Egli è qui con noi e vuole rassicurarci: “Non siete soli, sono con voi non abbiate timore.”  Con Pietro anche noi ripetiamo: “Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”. Consegniamo a Lui la nostra paura, la nostra angoscia, il nostro affanno. Egli non tarderà a regalarci la sua pace.

Mosè e Elia conversavano con Lui.

L’annotazione evangelica diventa, oggi, una forte provocazione, il rimando a Mosè e Elia altro non è che l’invito a frequentare la Parola. Entriamo in essa come i discepoli nel sepolcro vuoto, apriamola con coraggio: troveremo la Luce per camminare nell’oscurità di quest’ora. La Luce è Gesù il Figlio amato che il Padre ci raccomanda di ascoltare.

Mettiamoci alla sua scuola per poi scendere dal monte e affrontare le grandi difficoltà di questo momento.

Il rallentamento della vita a cui andiamo incontro lasciamolo abitare dal silenzio e dall’ascolto della Parola, potremmo così frenare il rumore assordante di tante parole che rischiano solo di aumentare l’ansia e l’apprensione.

Mentre vien meno – anche in un’ottica di responsabilità collettiva – la possibilità di frequentare i gesti della prossimità, come la stretta di mano, liberiamo la forza degli occhi tornando a guardarci con benevolenza e compassione, lasciandoci alle spalle tutto quell’apparato di rancori e diffidenze vicendevoli che spesso hanno guastato i nostri rapporti e le nostre relazioni.

Torniamo a frequentare il perdono, energia feconda per conoscere la forza della libertà che ci libera dalla schiavitù della vendetta.

Scopriamo che la vera grandezza non è stare in alto, esibire performance solitarie per affermare noi stessi, ma è vivere gli uni con gli altri offrendoci il conforto di percepirci semplicemente fratelli e sorelle.

Scopriamo la forza straordinaria del servizio, mentre ammiriamo l’abnegazione meravigliosa di tanti operatori della sanità.

Non lasciamo indietro chi, già provato dalla malattia e dalla povertà, in questo momento rischia di essere definitivamente abbandonato. Sono il nostro tesoro, perderli è perdere Cristo.

L’Eucarestia non trasforma solo il pane e il vino ha la forza di cambiare la nostra vita, lasciamoci provocare da Gesù: “Date voi stessi da mangiare alla gente.  Ognuno nel posto in cui è e con le responsabilità che ha consegni se stesso a i fratelli.

+arcivescovo Lauro

“Coraggio non siamo soli. Gesù è con noi”. Nella cattedrale a porte chiuse la Messa del vescovo Lauro: “Un pensiero agli ammalati, grazie al personale sanitario”