Adorazione Eucaristica

Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: «Ecco lo sposo! Andategli incontro!». Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: «Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono». Le sagge risposero: «No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene». Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: «Signore, signore, aprici!». Ma egli rispose: «In verità io vi dico: non vi conosco». Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.

 


TUTTI I MERCOLEDÌ

alla Madonna dell’Aiuto a Fiera 8.30-12.00
ADORAZIONE EUCARISTICA per la pace.

 

In questa sera di settembre, quando ormai da qualche ora le ultime luci del giorno sono state inghiottite dall’oscurità della notte, la tensione del cuore si alza… Nel buio è difficile distinguere l’amico dal nemico, il bene dal male. In questo tempo, carico di stanchezza, la voce della Speranza si leva verso la comunità dei credenti: «Ecco lo sposo! Andategli incontro!». Adorare è ascoltare il grido della Chiesa che, nella Beata Suor Maria Serafina Micheli pone un’altra sentinella a guardia di questa nostra umanità ferita e lacerata dal peccato, annunciando a tutti l’unica Verità apparsa sulla faccia della terra: Gesù Cristo, Salvatore del mondo!

 

Ai piedi dell’Eucaristia ecco le dieci vergini, ovvero noi, invitati alle nozze dello Sposo, ma non per questo sicuri di incontralo… Ma di quale verginità stiamo parlando? Il problema qui non si pone sul piano fisico: non di rado una persona può essere vergine nel corpo e avere l’impurità nel cuore, o viceversa; né la verginità evangelica va intesa soltanto come assenza di disordini sessuali. Se vogliamo definire il significato evangelico della verginità, dalle figure di questa parabola, dobbiamo dire che vergine è colui che non ama nulla e nessuno più di Cristo. S. Benedetto, patrono d’Europa, direbbe nella Regola: “Non antepongano assolutamente nulla a Cristo” (cap. 72). Già qua si può intuire che l’esito finale della vita di ciascuno non è scontato in alcun senso e che, dall’orientamento che noi diamo alla nostra evoluzione personale nell’oggi, dipende la qualità del giudizio ultimo, ossia il grado di unione con lo Sposo.
L’adorazione alla Santissima Trinità, manifesta nell’Eucaristia, la venerazione di Maria e degli Angeli sono i capisaldi della spiritualità della Beata Micheli, che ci consegna questo monito: “Oh, amate, amate Gesù e per suo amore soffrite tutto, senza mai risentirvi, né mai vivere per voi, ma solamente per l’amato Iddio”.

 

“Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi”: occorre che ci soffermiamo, qualche istante, sul significato di questi simboli che nascondono alcune verità basilari della vita cristiana. Va innanzitutto focalizzato il rapporto tra le lampade e l’olio. Tema di questo racconto è l’attesa del Signore che viene. Ciò non significa che la vita presente sia una sala d’attesa della vita eterna, ma che deve essere vissuta come vita responsabilizzata in vista del Signore che viene. L’allusione è alla vita cristiana, che emana la luce della santità, ma non in forza dei propri meriti personali, bensì in virtù della grazia, continuamente comunicata da Cristo ai suoi discepoli. E’ la luce della santità cristiana ciò che rischiara le tenebre del mondo. Lo Sposo della parabola viene atteso lungo la notte, una notte rischiarata dalla luce delle lampade delle vergini. L’attendere Dio presuppone la fede: la lampada è la fede. Tale luce, però, ha bisogno di essere alimentata dall’olio delle lampade che è la fede con le opere.
Tutta la vita della Beata Serafina si è contraddistinta per la sua carità operosa, in lei troviamo quella sintesi, che è propria di chi vive la vita in santità, fino a dire: “Chi è colui che sempre prega? Quello che in ogni azione cerca di glorificare Iddio… e mentre con il cuore opera e prega, con il corpo ancora si rende un organo melodioso di opere sante”. Opere che sono immagine di una carità interiore di cui la Madre nutre, ancora oggi, le sue figlie: “A nulla vale la fede se manca la carità, non v’è speranza, non penitenza, non orazione, né vita religiosa se manca la carità”.

 

Va notato, inoltre, che l’olio viene messo in “piccoli vasi”, simbolo della fragilità della nostra natura, bisognosa di una continua vigilanza per non correre il rischio di sciupare una così grande ricchezza in così deboli contenitori. Tra le lampade e l’olio si colloca il gesto delle vergini, espresso dal verbo “prendere”. Si tratta di un verbo che esprime una decisione, una scelta libera e intenzionale. La comunicazione dello Spirito non si realizza con un procedimento meccanico: occorre voler prendere, cioè decidere di stendere la mano per attingere alle ricchezze che Dio ha messo a nostra disposizione in Cristo. La Madre, con la sua personale esperienza, ci insegna: “Oh! Quanto è cara quell’anima che con umiltà ascolta gli avvisi di Dio, e corrisponde alla sua chiamata! Godrà un paradiso in terra e finirà con un altissimo trono nei cieli”.

 

“Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono”: col passare del tempo, l’entusiasmo iniziale può affievolirsi, e con esso la fedeltà allo Sposo, determinando una perdita di quota e un generale abbassamento di tono nella propria vita spirituale e di relazione. Cominciano le transazioni, le concessioni allo spirito del mondo, la sottovalutazione di certe situazioni apparentemente neutre, ma che dissipano lo spirito di orazione e carità. La preghiera e gli impegni quotidiani tendono così a superficializzarsi e la luce della santità si affievolisce. Il giorno della beatificazione il Cardinale Amato ha rivolto queste parole: “Il suo continuo riferimento agli Angeli intendeva educare le sue Religiose ad acquisire una sensibilità spirituale di lode, di adorazione, di servizio e a vivere una vita interiore intensa, per non degradarsi in un attivismo sterile e precario…”

 

La parabola sottolinea però anche altri significati del ritardo dello Sposo. L’attesa cristiana è sempre caratterizzata da un ritardo, l’azione di Dio nella nostra vita – e la possibilità di incontrarlo pienamente – non è mai modellata sui tempi e sui ritmi della nostra attesa. Dal punto di vista umano, spinti come siamo dalle urgenze della vita quotidiana, e dalla nostra incapacità di sopportare le cose che contrariano e che contrastano con i nostri personali desideri, l’intervento di Dio è sempre in ritardo. La nostra natura umana, inevitabilmente protesa verso soluzioni rapide, verso un bisogno incalzante di sollievo dai nostri pesi, verso un’impazienza, spesso non ci permette di capire gli obiettivi più alti e più nobili che Dio persegue nella sua misteriosa pedagogia, mentre noi cerchiamo mete più basse e meno costose. Questo ritardo dello Sposo, produce un discernimento tra le vergini stolte e le vergini sagge. Se lo sposo fosse arrivato rapidamente, non sarebbe stato possibile individuare alcuna differenza tra le vergini che lo attendevano. Il suo ritardo risulta invece un banco di prova, dinanzi al quale viene alla luce la qualità dell’olio che alimenta quella lampada che si chiama santità personale. Il ritardo dello Sposo mette in luce la mancanza di santità di cinque di esse.
Alla luce delle parole del Vangelo, sembra emergere un particolare forte dalla vita della Beata Micheli, il suo pellegrinare per l’Italia… Questa caratteristica altro non è che l’attesa per lo svelarsi di Dio, nei tempi e nei modi che lui ha definito. Infatti, con le parole sue, ci indica uno stile cui tutti siamo chiamati a perseguire: “Siate fedeli allo Sposo, se quanto alle prove vi servirete della fede e vi profonderete nella corrispondenza, vi sarà conferita maggior grazia, e maggiore sarà l’unione”.

 

“Le stolte dissero alle sagge: «Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono». Le sagge risposero: «No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene»”: le vergini sagge non possono trasferire la loro luce personale nelle lampade delle stolte; vale a dire che non si può comunicare a un altro la santità derivante dalla risposta positiva alla divina pedagogia, non si può dare a un altro la propria capacità di non sciupare il tempo, la propria fedeltà, la propria fiducia, il proprio lasciarsi modellare e coinvolgere nella storia di Dio. La luce che viene meno per la mia mancanza di santità, non viene meno solo per me, ma anche per la Chiesa. Così, quella santità che io dovrei avere, e non raggiungo, equivale a negare alla Chiesa la luce di grazia che potrei proiettare se ce l’avessi.
Recentemente il Santo Padre, in una catechesi, ha così definito la santità: “Che cosa vuol dire essere santi? Chi è chiamato ad essere santo? Spesso si è portati ancora a pensare che la santità sia una meta riservata a pochi eletti. La santità, la pienezza della vita cristiana non consiste nel compiere imprese straordinarie, ma nell’unirsi a Cristo, nel vivere i suoi misteri, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. La misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua…”

 

Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: «Signore, signore, aprici!». Ma egli rispose: «In verità io vi dico: non vi conosco». Non ci sono tempi supplementari offerti all’uomo aldilà del tempo del suo pellegrinaggio terreno. Il ritorno dello Sposo in questa parabola rappresenta la conclusione dello stato di pellegrinaggio, del tempo che ci è dato per scegliere, per rispondere alla grazia e per schierarci con Lui. Una volta scaduto questo tempo non è possibile neppure varcare quella soglia che viene chiusa con l’arrivo dello Sposo.
Ci insegna il Cardinale Amato: “La grandezza, la genuinità e la modernità della santità di Madre Serafina sta in questa sua adesione a Dio, in questo suo riposare sul cuore di Cristo, in questo suo sguardo rivolto verso l’alto, in questo suo sporgersi al di là della nostra storia per slanciarsi con le ali della fede tra le braccia stesse del Padre, ricco di misericordia. Ancora sulla terra, Madre Serafina abitava in cielo…”
Il tempo della comunità cristiana è il tempo dell’attesa e della responsabilità. La vita cristiana non può essere solo aspettare la fine per salvarsi, ma si gioca anche su tutti gli atti concreti, di vita quotidiana in cui si fa memoria dell’Assente. La storia ci insegna che il prezzo della stoltezza è sempre la separazione! “Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”.