Chiesetta San Vittore a Tonadico

Posta sul colle omonimo che sovrasta l’abitato di Tonadico, è raggiungibile in pochi minuti di ripida salita dal paese. La dediczione ai Santi Vittore e Corona ricorda l’antica appartenenza di Primiero alla diocesi di Feltre, a partire dalla cristianizzazione della vallata fino al 1786, dopo di che la comunità primierotta entrò a far parte della diocesi di Trento. Si tratta della prima chiesa della comunità, sostituita poi da quella di San Sebastiano, nel cuore del paese.
Sulla facciata della chiesa ci sono ancora le tracce di un grande dipinto dedicato a Sant Cristoforo, protettore dei viandanti ed una lapide che ricorda don Pietro Fuganti, curato apicoltore dell’ Ottocento, al quale il Parco Naturae ha dedicato un punto informativo in località Pian della Lotta a circa 15 minuti da qui. Le sorprese maggiori sono però riservate dall’ interno completamente affrescato: nei secoli i dipinti murali sono stati sovrapposti l’uno all’altro fino a stratificarsi, richiedendo un attento e difficile restauro per scoprirli.

Chiesa dei Santi Vittore e Corona a Tonadico. Ph Luciana Bettega
Chiesa dei Santi Vittore e Corona a Tonadico.
Ph Luciana Bettega

Sulla controfacciata appare un  Giudizio univesale: da un lato le anime pie sono portate in braccio  dai beati nel paradiso,  dall’altro c’è l’orrida  rappresentazione dell’ inferno, con un mostruoso Lucifero che raccoglie le  anime dei malvagi sospinte da tremendi diavoli. Questa terribile visione, insieme  al sovrastante Battesimo di Gesù, è una pittura murale molto antica (X -Xl secolo), che è stata riportata in luce dopo la prima fase di restauro, curata dalla provincia autonoma di Trento.  Sulla parete di destra procede integra la fascia dipinta coeva: i clamori di guerra dei cavalieri catafratti del registro inferiore, che si affrontano sui loro destieri ai  piedi di una città turrita, , contrastano con la quiete  dell’ Adorazione dei magi del registro superiore. Il colore è anche quì steso con spesse e decise pennellate: non c’è prospettiva ed i protagonisti dei dipinti sono sproporzionati, ma ciò che contava per l’artista ed i fedeli erano le verità trasmesse con l’intensità di queste immagini  dalle tinte forti. Superata la porticina laterale, appare un grande quadro affrescato cinquecentesco: un Ecce homo, con Cristo flagellato e sanguinante all cospetto di Erode e circondato da una schiera di malvagi persecutori, che portano dei segni gialli  sulle giubbe: era il distintivo che alcune città inponevano di portare agli ebrei nel Medioevo. A lato  dell-arco santo spicca un’ immagine ieratica risalente al 1404 e, come recita la scritta superiore, si tratta di San Silvestro [patrono di Primiero  e titolare della chiesetta sulla rupe all’ ingresso della vallata}. Nell’ abside si coglie centralmente una Dormitio Virginis, la scena della morte della Madonna circondata dagli apostoli, e nel catino la rappresentazione prosegue con l’ Assunzione di Maria, accolta gloriosamente dalla Trinita’. La fase cinquecentesca di dipinti  e’ completata da vivi quadretti densi di personaggi, panorami e scorci cittadini di chiara mano veneta, che presentano le fasi del martirio dei  Santi Vittore e Corona, patroni della diocesi feltrina. Questi affreschi sono attribuiti al pittore Girolamo da Pordenone che li realizzo’ nel 1577 con il patrocinio della famiglia Scopoli, ricchi notai di valle, ricordati dallo stemma con quadrifoglio in campo rosso. I dipinti cinquecenteschi ricoprono altre opere piu’ antiche, forse anche un’ Ultima cena trecentesca. La chiesa di San Vittore  di Tonadico, dopo questo intervento di restauro, si presenta come uno scrigno di arte pittorica che ben si accompagna  all’omonimo ed importante santuario sorto sul monte Miesna, a protezone della citta` di Feltre.

I dipinti della Chiesa dei Santi Vittore e Corona a Tonadico

La Chiesa
Sorta sul colle che sovrasta l’abitato di Tonadico, la Chiesa dei santi Vittore e Corona segue la collocazione tipica degli edifici sacri dedicati ai due Santi, eretti in posizione rialzate già dal V – VI Secolo.
L’intitolazione evidenzia lo stretto rapporto con l’antica diocesi di Feltre, cui Primiero appartenente in tempi remoti fino dal 1786. I Santi Vittore e Corona sono infatti patroni della Diocesi Feltrina e la chiesa di Tonadico richiama il Santuario a loro dedicato sul Monte Mièsna, eretto sul finire del XI° secolo dal vescovo Arpone in ricordo del Padre Giovanni da Vidor, capitano dei soldati feltrini alla Prima Crociata. Il fatto che questa crociata abbia partecipato anche Corrado da Primiero con suoi volontari apre ipotesi affascinanti, anche se attualmente prive di riscontri, sull’origine della Chiesa di Tonadico.
In mancanza di elementi certi, risultano utili alla datazione della chiesa le numerose monete di periodo medievale portate alla luce da una campagna di scavo archeologico condotta nel 1996, nonché il ciclo affrescato sulle pareti interne, databile alla prima meta del Duecento.
La chiesa è citata in documenti archivistici solo a partire dal 1344. Venne ristrutturata nel Cinquecento, con l’apertura delle finestre di tufo ad arco gotico e il rifacimento del portale e del campanile. La semplice facciata presentava un grande affresco raffigurante San Cristoforo, ormai scomparso.

I Santi Vittore e Corona

Come per molti altri santi della Chiesa primitiva, le notizie sulla vita dei due martiri sono poche, incerte e spesso frammiste alla leggenda.
Vittore era un soldato cristiano che subì il martirio in Siria nel 171, durante la persecuzione di Marco Aurelio. Sottoposto a ripetute ed efferate torture, egli mantenne la propria fede con tale serenità che la giovane Corona, presente al supplizio, dichiarò anch’ essa di essere Cristiana e ne condivise il martirio.
La leggenda racconta che Vittore subì le torture dell’olio bollente, la frattura delle mani, l’accecamento, la fornace ardente, prima di venire infine decapitato; Corona venne invece appesa per i piedi alle fronde di due palme curvate che, drizzandosi violentemente, la squarciarono. Alcune di queste vicende sono raffigurate nella decorazione cinquecentesca del catino absidale della chiesa.
Le spoglie dei due santi, passando da Cipro, arrivarono a Feltre probabilmente nei primi anni del XI° secolo e sono conservate nel Santuario a loro dedicato su Monte Miesna.

 

La parete dell’Arco santo e l’abside

Il ciclo medievale con le scene della vita di Cristo, che interessa l’intero registro superiore delle pareti dell’aula, ha inizio dall’arco santo e si concludeva probabilmente nel catino absidale, con una scena oggi ricoperte da ben quattro strati pittorici successivi.
Proprio sui pennacchi dell’arco santo è infatti raffigurata l’Annunciazione:l’improvviso arrivo dell’arcangelo Gabriele(1), con ricca veste e calzari variopinti, sorprende la vergine in piedi(2), secondo l’iconografia di origine orientale,occupata a filare la porpora per il Tempio (si intuisce il gesto della mano destra abbassata che torce il filo).

 

Sotto all’Arcangelo la decorazione originale (forse un elaborato fregio vegetale come quello che si è conservato a destra, sotto la Madonna) è coperta dallo stemma con trifoglio della Famiglia Scopoli (3) che nel 1577 commissionò la ridipintura dell’abside. La sottostante mutila iscrizione ricorda l’autore di questi affreschi: Girolamo Dal Zocco detto Zigantello di Pordenone, migrato nel Feltrino nella seconda meta del ‘500 e autore di affreschi nella Chiesa di San Marcello ad Umin di Feltre.
Nell’ Abside sono dipinte la Morte di Maria compianta dagli Apostoli (4), la sua Incoronazione (5), i piccoli ma delicati con le scene del martirio dei santi Vittore e Corona (6), nonché una fascia con mascheroni e scritte frammentarie (7).

 

Nelle zone dell’abside dove è caduto l’intonaco cinquecentesco (8) si individuano gli strati decorati sottostanti tra questi si riconosce il più antico, affine per composizione e stesura a quello delle pareti laterali. Su uno strato successivo si vedono alcuni piedi, appartenenti con ogni probabilità agli Apostoli disposti nella tradizionale sequenza a schiera.

La parete meridionale
Lo stretto abbraccio tra Maria ed Elisabetta (1) prosegue le storie di cristo e ricorda l’episodio della Visitazione, racchiuso tra variopinte architetture turrite.
Un imponente edificio in pietra, forse a indicare Betlemme, separa la scena della successiva Natività, che risente di modelli orientali, miscelati a scelte di stampo occidentale. San Giuseppe meditabondo (2) è seduto vicino a due levatrici (3) che, secondo la tradizione orientale, sono intente a lavare il neonato, mentre Maria riposa in un elaborato letto di legno sotto una ricca coperta verde (4). Gesù ritorna in alto (5), in un lettino analogo a quello della madre, che sostituisce la mangiatoia citata dai vangeli, conservando però il particolare del bue e dell’asino che fanno capolino dietro il giaciglio. La successiva scena dell’Annuncio ai Pastori (6) è interrotta dalla finestra aperta in tempi successivi. Stando all’interpretazione dei pochi frammenti, l’ affresco seguiva fedelmente il Vangelo di Luca che descrive l’invito di un angelo ai pastori perche si rechino a rendere onore al neonato.
Segue quindi l’Adorazione dei Magi (7), impostata secondo l’antico schema di radici greco – orientali, in base al quale i tre re, che recano a mani nude dei contenitori a pisside, sono in cammino verso la Madonna in trono col Bambino benedicente. Le vesti dei Magi ne dichiarano la provenienza “orientale”: il berretto appuntito “frigio”, il chitone stretto in vita con una cintura ed i caratteristici pantaloni attillati di uso persiano.

parete meridionale chiesa santi vittore-corona

Nel ciclo inferiore della parete si dispiega una battaglia (8) tra due opposte schiere di cavalieri, muniti di armature, scudi, alabarde e stendardi dipinti con particolare cura. La scena è di difficile interpretazione, potendosi trattare di un episodio biblico, attualizzato nelle forme e nell’abbigliamento, come di un fatto d’arme storico di cui però non si conservata memoria. Non e escluso si possa trattare di un incitamento per i cavalieri cristiani a combattere in difesa della fede e a partecipare alla crociata, oppure (come vorrebbe una tradizione orale) di una testimonianza della presenza di Corrado da Primiero alla prima crociata.

La controfacciata

Il ciclo di episodi cristologici prosegue con la Presentazione di Gesù al Tempio (1) e all’anziano sacerdote Simeone (2). Alle spalle di Maria, Giuseppe (3) probabilmente portava due colombe scarificali, con le mani velate di prezioso tessuto ricamato.
L’altra scena della controfacciata, oltre il motivo decorativo a racemi, raffigura un lacunoso Battesimo di Cristo (4), con Gesù in posizione frontale, immerso nelle acque del Giordano, mentre viene battezzato da Giovanni Battista assistito da un angelo.
Nel registro inferiore della parete campeggia l’Arcangelo Michele (5) che, munito di bilancia, pesa le anime dei defunti, determinandone così il destino eterno; egli e accompagnato da un piccolo diavolo in attesa di impossessarsi di un peccatore. Dal luogo del giudizio, i dannati sono condotti da diavoli verso la montagna dell’Inferno, al cui interno è rappresentata la mostruosa figura di Satana (6) sul trono, che regge sulle ginocchia l’Anticristo del quale e rimasta solo la testa.
Nella bassa fascia sopra il portale di accesso, alcune figurette ignude si fanno strada attraverso le fiamme di quello che si potrebbe un “fuoco purgatorio” (7). Le anime purificate vengono quindi accolte nel seno dei Patriarchi (8) – Abramo, Isacco e Giacobbe – antica raffigurazione del Paradiso.
Questa movimentata scena indica un momento specifico della riflessione della cristianità sull’Aldilà: tra il XII ed il XIII secolo, infatti, la chiesa mise a punto l’individuazione del Purgatorio, cosi come lo presento poi la Commedia di Dante.

parete controfacciata chiesa santi vittore corona

Vista la datazione dei dipinti, questi elementi consentono di far risalire il ciclo pittorico a una committenza o ad artisti ben aggiornati sulle innovazioni dottrinali.

La parete settentrionale

Per illustrare i miracoli di Cristo vien scelta la scena della Resurrezione di Lazzaro (1), individuabile solo da minimi frammenti superstiti nella zona d’angolo molto danneggiata.
Più leggibile l’episodio successivo che descrive l’Entrata di Cristo in Gerusalemme (2), coincidente con la Domenica delle Palme e l’avvio dei cicli della Passione: si riconosce la figura di San Pietro, davanti al quale il Cristo benedicente cavalca in candido asinello in direzione della città, accolto dalla gente in festa che dispone fronde di palma e mantelli lungo la strada.
La contigua Ultima cena mostra una tavola riccamente imbandita con alzate colme di pesci, vasi, coltelli e numerosi pani di forme diverse, tra cui il caratteristico “brazadèl” di tradizione locale. Ai due capi della mensa apparecchiata sono disposte le figure di Cristo (3), seduto su un ricco sedile con cuscino, ed i piedi poggiati su un secondo cuscino, e di San Pietro (4), apparentemente librato a mezz’ aria a causa delle difficoltà dell’artista a rendere la prospettiva. Dietro il tavolo si assiepa la serie, ora incompleta, degli apostoli. Lo schema qui adottato rispecchia da vicino l’Ultima Cena dei mosaici di San Marco a Venezia, databile alla meta del XII secolo, che rielabora elementi di provenienza bizantina, orientale e occidentale, distinguendosi per l’adozione del tavolo rettangolare in luogo delle allora più consuete forme a sigma o circolare. Le ultime scene del ciclo sono compresse per mancanza di spazio e oggi leggibili in modo molto frammentario, anche a causa del riquadro di San Vittore a cavallo (5) sovrapposto in epoca successiva. Si intuiscono la Crocifissione (6), della quale rimane un solo braccio del Cristo e la scena delle Marie al sepolcro, identificabile grazie alla presenza dell’ Angelo Benedicente (7) seduto su una pietra, con alle spalle il sepolcro.

parete settentrionale chiesa santi vittore corona

Anche questa parete era probabilmente interessata da altri affreschi medievali nel registro inferiore, oggi irrimediabilmente perduti. Il restauro h invece riportato in luce uno strato successivo, con due immagini caratterizzate da cornice a festoni vegetali e sfondi risolti con campiture colorate: una Santa Martire (8) e una Sacra Conversazione (9) dai tratti popolareschi.

Il restauro

Fino ai primi anni novanta nella chiesa erano solo visibili la decorazione dell’abside e qualche quadro affrescato sulle pareti dell’aula.
Nel 1994 i primi saggi scoprirono sotto l’intonaco delle pareti interne un ciclo di affreschi medievali.
Nel 199, dopo il risanamento esterno delle murature, venne avviata la campagna restauro della decorazione interna da parte dell’Ufficio Beni storico – Artistici della Provincia di Trento. In parallelo si attivarono approfondimenti in varie direzioni: indagini chimiche sui pigmenti utilizzati nella decorazione, l’esame dettagliato dei vari strati di intonaco, l’analisi dendocronologica delle porzioni lignee. Tolto lo scialbo delle murature, si presentò una situazione complessa data dalla presenza di un unitario ciclo pittorico medievale e della successiva sovrapposizione di numerosi riquadri a carattere devozionale di varie epoche. Alcuni di questi sono stati staccati, mentre altri sono stati lasciati in situ per il periodo di perdite irreversibili. Tale soluzione ha comunque permesso di dare continuità di lettura al ciclo originario.

Il ciclo medievale

L’esteso ciclo pittorico emerso dal restauro rappresenta una preziosa testimonianza di arte medievale, molto interessante per conservazione e leggibilità.
Il ciclo dispiega nel registro superiore dodici episodi della vita di Cristo, dall’Annunciazione alla Resurrezione. Questa rappresentazione fa esplicito riferimento alle dodici grandi feste della liturgia bizantina che celebrano i misteri principali della vita di Gesù e Maria.
Nel registro inferiore le scene sono invece di più difficile interpretazione, anche a causa della perdita della parte conclusiva sulla parete settentrionale. Se la battaglia ritratta facesse riferimento alle Crociate, si potrebbe ipotizzare un collegamento simbolico con le rappresentazioni di Paradiso, Inferno e Purgatorio. Il nesso consisterebbe nelle speciali indulgenze di cui, fin dal 1229, godevano i crociati che venivano esentati dalle pene purgatorie.
Laura Dal Prà, sulla base di dati stilistici di confronti figurativi, ipotizza la datazione di questo ciclo alla prima meta del Duecento. Si tratta probabilmente dell’opera di un artista itinerante di formazione veneta, affiancato da uno o più aiutanti.
Gli affreschi son realizzati con un lavoro rapido ma preciso, che si avvale di poche terre non elaborate, stese con pennellate accostate su un intonaco non lisciato. Le figure sono costruite con una plasticità appiattita, con grande stilizzazione degli arti e delle vesti, descritte con pieghe irreali e geometriche.

 

Testi di Antonella Faoro, Luca Brunet e Gianfranco Bettega su informazioni tratte da Laura Dal Prà.
Tre cicli restaurati in Trentino: San Paolo di Cengia, Santa Croce di Bleggio, e Santissimi Vittore e Corona di Tonadico.
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